De origine urbis Venetiarum, rebusque a Venetis gestis libri quindecim [...] Adiecta insuper divi Marci euangelistae vita, ac eius translatione [...] Venetiis, [Antonio Brucioli], 1534 (Colophon: Impressum Venetiis, per Bernadinum Benalium, [1493])

Autore: GIUSTINIANI, Bernardo (1408-1489)

Tipografo: Antonio Brucioli/Bernardino Benali

Dati tipografici: Venezia, 1534/[1493]


In folio (mm. 295x192). Cc. [120]. Segnatura: A4 a-i8 K8 l-n8 o-p6. Nome dell'editore ricavato dalla marca sul fontespizio (V298). Spazi iniziali bianchi con lettere guida. Mezza pelle con punte di inizio Novecento, titolo in oro al dorso, tagli rossi, risguardi in carta marmorizzata (spellature). Al contropiatto ex-libris Ugo Ojetti e Gerolamo Marcello del Maino. Esemplare lavato e pressato.

 

Si tratta dell'edizione incunabolo stampata a Venezia da Bernardino Benali senza data, ma non prima del 31 gennaio 1493 (1492 more veneto), a cui è stato aggiunto un nuovo frontespizio, che sostituisce la bianca iniziale. Il primo fascicolo, contenente la dedica di Benetto Brugnoli (1427-1502) a Lorenzo Giustiniani e l'ultima carta (il cui verso è qui bianco, mentre nell'edizione Benali contiene una variante del recto del secondo foglio delle Orationes che apprvero nello stesso anno) sono stati ricomposti, per il resto il volume è lo stesso dell'edizione del 1493.

“L'opera, in 15 libri, narra le vicende della città dalle origini alla spedizione di Pipino e al dogado di Agnello Parteciaco. Basata su una vasta conoscenza della letteratura storica classica e di storici contemporanei come Lorenzo Valla e Biondo Flavio (che pure il G. critica più volte nel corso dell'opera, ma del quale aveva apprezzato la concezione di una storia come ricerca archeologica e ordinata disposizione delle fonti), l'opera è ‘il primo esempio nella storiografia veneziana di critica storica approfondita sulla base delle testimonianze superstiti' (Pertusi). Il metodo per valutare l'attendibilità dei testi usati (numerosi e attestanti il possesso di una vasta biblioteca, di cui purtroppo si sono perse le tracce, perché non citata nel testamento, ma che forse diede in lascito al monastero delle monache di S. Croce alla Giudecca) si basa sulla teoria del ‘probabilius': giudicare i fatti alla luce di una valutazione oggettiva (‘sequi probabiliora planioraque reddere'). La stessa scelta dell'excursus temporale da narrare (le origini della città) richiedeva una posizione critica di fronte a documenti antichi e spesso inattendibili (e di fronte a uno dei più famosi, quello della fondazione patavina della città nel 421, non ha esitazioni nel dichiararlo un'invenzione non adatta alla realtà storica dell'epoca). L'obiettivo dello storico non si restringe sulla sola Venezia, ma spazia sul mondo mediterraneo e sull'Europa altomedievale, finendo per tracciare una storia dell'Oriente e dell'Occidente dal V al IX secolo. Nei tre lunghi excursus su Goti (libri IV-VI), Longobardi (VII), Turchi e Saraceni (VIII e XI), inoltre, il G. va alla ricerca delle cause che hanno favorito il nascere e lo svilupparsi della città. L'attenzione al dato storico, pur supportato da un'abitudine retorica che con la storia era ancora strettamente interrelata (e che gli fa intessere la narrazione di umanistiche ‘orationes'), comprende lo studio della nascita anche della Venezia civile e sociale, e del sorgere delle sue prime strutture costituzionali. Storia tucididea, che tiene conto anche dell'insegnamento erodoteo e di Dionigi d'Alicarnasso, è caratterizzata da attenzioni archeologiche, geografiche e climatiche non comuni all'epoca e da uno spiccato gusto etimologico di origine umanistica. Ma dalla storiografia umanistica lo distanzia una concezione ancora rigorosamente provvidenzialistica della storia” (G. Pistilli, Giustinian, Bernardo, in: “Dizionario Biografico degli Italiani”, LVII, 2001).

 

Edit 16, CNCE21361; Graesse, III, p. 510.


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