Il libro del cortegiano del conte Baldessar Castiglione, nuovamente ristampato

Autore: CASTIGLIONE, Baldassarre (1478-1529)

Tipografo: Eredi di Aldo Manuzio

Dati tipografici: Venezia, 1545

Formato: in folio

In folio (mm. 315x212). Cc. [122]. Segnatura: *4 a-o8 p6. Ancora aldina sul titolo e al verso dell'ultima carta. Registro e colophon a c. p5v. Legatura coeva in piena pergamena floscia con unghie e titolo manoscritto lungo il dorso (varie mancanze al dorso e ai piatti, tracce di legacci, un po' sporca). Lettera “Z” vergata sul piatto e sul risguardo anteriori. Sul titolo firma di appartenenza coeva, in parte cassata, di difficile lettura. Mancanza all'angolo superiore esterno che, partendo dalla legatura, arriva fino a circa un terzo del volume senza mai interessare il testo, nel complesso ottima copia fresca e marginosa.

SECONDA EDIZIONE ALDINA IN FOLIO (quarta aldina in assoluto) dopo la princeps del 1528, di cui la presente è una ristampa fedele, e le successive edizioni in 8vo del 1533 e del 1541.

Composto a partire dal primo decennio del Cinquecento e più volte rielaborato, il Cortegiano, uno dei testi più celebri ed influenti del Rinascimento italiano, è scritto in forma di dialogo. La scena si svolge ad Urbino e si sviluppa in quattro sere. Interlocutori ne sono alcuni tra i più illustri personaggi dell'epoca, quali la duchessa Elisabetta Gonzaga, Emilia Pio, Cesare Gonzaga, cugino dell'autore, Ludovico di Canossa, il cardinal Bibbiena, Federico e Ottaviano Fregoso, Pietro Bembo, Giuliano de' Medici, Gaspare Pallavicino, Bernardo Accolti (Unico Aretino).

Nel primo libro, dedicato all'educazione del gentiluomo, si affronta anche il tema della lingua più adeguata all'uomo di corte. A differenza degli altri protagonisti della celebre questione della lingua, quali Bembo, Trissino e Tolomei, a Castiglione non interessa la lingua come strumento letterario, ma in quanto congruo attributo di una certa condizione sociale, elemento fondamentale della disciplina di comportamento del cortegiano, professionista della vita organizzata di corte. Egli rifugge quindi da ogni arcaismo ed affettazione e propone una lingua che sia spontanea, vicina al parlato, ma non ingenua e popolare. Quello del Castigione si può definire una sorta di naturalismo linguistico maturato nell'ambito di quegli ambienti altamente codificati e autoreferenziali che erano le corti d'allora.

Nel secondo libro si discorre delle qualità del cortigiano in quanto uomo sociale e del suo contegno. Egli deve sviluppare al massimo tutte le sue facoltà individuali: padroneggiare le armi, essere abile nei giochi di società, conoscere a fondo le arti e la letteratura, essere brillante ed ironico nelle conversazioni, evitare ogni affettazione.

Nel terzo libro Giuliano de' Medici e il misogino Gaspare Pallavicino discutono del ruolo della donna a corte. Infine il quarto libro tratta dei rapporti fra il cortigiano e il principe e contiene una dissertazione di Pietro Bembo sulla dottrina dell'amore platonico.

Permeato di quel raffinato decoro che fu l'ideale del Rinascimento italiano, il Cortegiano, insieme galateo di buone maniere e summa della vita di corte, anche grazie al suo piacevole andamento dialogico, ebbe un'enorme impatto sulla cultura europea, influenzando non solo i successivi trattati sull'argomento, ma anche la poesia e il teatro. Castiglione per primo delineò le caratteristiche e gli obblighi sociali di quella figura di perfetto gentiluomo, sicuro di sé, ironico e autosufficiente, che in Spagna prese il nome di caballero, in Francia di honnête homme e in Inghilterra, paese dove l'influenza del Cortegiano fu maggiore, di gentleman.

Nato a Casatico (Mantova) nel 1478, B. Castiglione studiò a Milano alla scuola di Giorgio Merula e del Calcondila. In seguito alla morte del padre, nel 1499 tornò a Mantova al servizio di Francesco Gonzaga. Tra il 1504 e il 1513 fu alla corte di Urbino, che ospitava anche Pietro Bembo, prima presso Guidobaldo da Montefeltro, poi presso Francesco Maria della Rovere. Nel 1513 fu inviato a Roma in qualità di agente diplomatico. Presso la corte di Leone X ebbe modo di frequentare il cardinal Bibbiena, per il quale scrisse il prologo della Calandra (1513), nuovamente Pietro Bembo e soprattutto Raffaello, che gli fece uno splendido ritratto e lo introdusse nell'ambiente dei circoli pittorici. Nel 1516 rientrò a Mantova e si sposò con Ippolita Torelli. Dopo soli quattro anni rimase vedovo e nel 1521 abbracciò lo stato ecclesiastico. Nel 1524 fu nominato nunzio pontificio in Spagna. Dopo il sacco di Roma del 1527, fu accusato dal papa di aver malgestito i rapporti con l'imperatore, ma poco dopo fu riabilitato. Morì a Toledo l'8 febbraio del 1529. Politico, diplomatico, uomo d'arme e letterato, Castiglione scrisse anche la celebre egloga pastorale Tirsi e varie rime latine e volgari che, dopo la sua morte, apparvero disseminate nelle principali antologie poetiche del Cinquecento (cfr. P. Burke, Le fortune del Cortegiano. Baldassarre Castiglione e i percorsi del Rinascimento europeo, Roma, 1998, passim).

Edit 16, CNCE10073; Adams, C-931; A.A. Renouard, Annales de l'Impremerie des Alde, Paris, 1834, p. 131, nr. 4; Gamba, nr. 294 (in nota); Printing and the Mind of Man, nr. 59; Ahmanson-Murphy, 328.


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