La Poetica

Autore: DANIELLO, Bernardino (ca. 1500-1565)

Tipografo: Giovanni Antonio Nicolini da Sabbio

Dati tipografici: Venezia, 1536

Formato: in quarto

In pergamena floscia color viola

(legato con:)

Partenio, Bernardino (ca. 1498-1589). Della imitatione poetica. Venezia, Gabriel Giolito de' Ferrari, 1560.

Due opere in un volume in 4to (mm. 200x137). I: pp. 136, [4]. Segnatura: A-Q4 R6. Titolo stampato al verso della prima carta. Colophon e privilegio alla c. R5r, errata alla c. R5V. Carta R6 bianca. Carattere corsivo. Bei capilettera ornati. II: pp. [16], 248, [4]. Segnatura: *8 A-P8 Q6. Marca tipografia al titolo, altra marca alla c. Q6r. Errata alla c. Q5r-v. Bei capilettera istoriati. Carattere corsivo. Pergamena floscia coeva con unghie, piatti colorati in viola, titolo manoscritto al dorso, tagli goffrati e dorati (tracce di legacci in seta verde). Sul primo risguardo libero firma di appartenenza di un certo Galeotto Bernardini datata 1578 e la segnatura “H.2”. Seconda opera a tratti un po' brunita e fiorita, ma nel complesso bellissima copia estremamente fresca e genuina.

I) PRIMAEDIZIONE elegantemente impressa e dedicata al vescovo di Brescia, Andrea Cornelio, al cui servizio l'autore fu per un certo periodo durante un soggiorno romano. Si tratta del primo lavoro letterario del Daniello, nonché di uno dei primissimi trattati volgari di poetica, preceduto solo da quello del Trissino del 1529.

“In La poetica of Bernardino Daniello (1536), one senses an enrichment of the tradition represented by its two predecessors [Trissino and Vida (De arte poetica, 1527)], if no essential change. Horace still furnishes the basic text, and most of the Ars poetica reappears in Daniello's work, translated and rearranged… There are some traces of Plato in the ideas on imitation and on the exiling of the poets, some traces of Aristotle in the discussion of tragedy and in the comparison of poetry to history. The first section is indebted, for its defence of poetry, to the numerous commonplaces of the time; the final section, for its treatment of language and of prosody, to a whole series of theorists of style and versification. Like Trissino, Daniello takes his examples largely from the Italian poets… Daniello's defence of the art of poetry is manifold and extends into variuos theoretical considerations…” (B. Weinberg, A history of literary criticism in the Italian Renaissance, Chicago, 1961, p. 721).

Originario di Lucca, il Daniello già nei primi anni venti del secolo era a Padova, dove si inserì nella cerchia di letterati guidata da Trifone Gabriele. Quest'ultimo fu non solo il suo venerato maestro, ma anche una figura paterna sempre benevolmente disposta verso il suo amatissimo discepolo. Visse e si spense a Padova nel 1565.

“Il trattato consta di due libri. Nel primo libro, dopo una breve introduzione che serve ad ambientare “bembescamente” il dialogo nella villa di Bassano di Trifone Gabriele, quest'ultimo prende la parola rispondendo a quesiti posti dai suoi giovani discepoli. Si inizia ponendo subito in chiaro la funzione pedagogico-morale della poesia (laddove non sono esistiti i poeti, non c'è stata nemmeno civiltà), distinguendo però nettamente il confine tra poesia e storia. Trifone, sempre incalzato dalle domande dei discepoli, inizia l'analisi delle tre componenti della poesia: invenzione, disposizione ed elocuzione… Il secondo libro è dedicato quasi esclusivamente all'elocuzione (che si divide in grave, mezzana ed umile): è una sorte di compendio delle forme linguistiche che si possono definire poetiche” (D.B.I., XXXII, pp. 608-609, a cura di M.R. De Grammatica).

I numerosi esempi poetici presi in esame nell'opera sono tratti prevalentemente da Dante e da Petrarca. Le preferenze del Daniello vanno però a quest'ultimo, essendo Dante più filosofo che poeta. Le note al Canzoniere contenute nella seconda parte del trattato verranno successivamente ampliate e confluiranno nell'edizione petrarchesca del 1541 (cfr. E. Raimondi, Bernardino Daniello e le varianti petrarchesche, in: “Studi Petrarcheschi”, V, 1952, pp. 95-130).

Secondo J.E. Spingarn (La critica letteraria del Rinascimento, Bari, 1905, pp. 25-28) si tratta della prima difesa della poesia contro la filosofia che sia stata fatta nel Cinquecento.

Weinberg, op. cit., p. 1124; Index Aureliensis, 149.699; Gamba, 1341; Edit 16, CNC 15989. BMSTCItalian, p. 208; L. Carpané, Annali tipografici, Venezia 1521-1551, in: “Il mestier de le stamperie de i libri. Le vicende e i percorsi dei tipografi di Sabbio Chiese tra Cinque e Seicento e l'opera dei Nicolini”, a cura di E. Sandal, Brescia, 2002, p. 184, nr. 16.

II) PRIMA EDIZIONE dedicata a monsignor Melchiorre Biglia. “Questa Imitatione poetica è forse l'opera maggiore che Partenio scrivesse; e se ne ha soltanto l'edizione presente. L'autore però la tradusse in latino con non poche aggiunte e mutazioni, e la stampò in Venezia, presso Ludovico Avanzi nel 1565, con una nuova dedica all'imperatore Massimiliano II. Nell'una e nell'altra lingua è compresa in cinque libri, in forma di dialogo; e contiene molti esempi di scrittori latini ed italiani” (S. Bongi, Annali di Gabriele Giolito de' Ferrari da Trino di Monferrato stampatore in Venezia, Roma, 1890-1895, II, pp. 83-84).

Il dialogo si svolge in un giardino fiorito sull'isola di Murano fra Gian Giorgio Trissino, Trifone Gabriele, l'udinese Francesco Luisini, Girolamo Ferro, Girolamo Querini e Paolo Manuzio. È un trattato di poetica di impianto ciceroniano, ma nello stesso tempo anche un vero comendio di stilistica.

“A number of the literati whose names had appeared in recent years in connection with Horatian criticism appear again as interlocutors in Bernardino Parthenio's lengthy dialogue, Della imitatione poetica, of 1560. Trifon Gabriele, Giovan Giorgio Trissino, Paolo Manuzio, Francesco Louisini, and Parthenio himself gather together to discuss the matter of poetic imitation and how it differs from rhetorical imitation. In so doing, they pretend to be supplementing the work of Aristotle and Horace, who spoke only of tragedy and the epic and of plot and character in connection with those genres; their own concern will be broader, since they will treat of words, figures of speech, and sententiae (which are common to all genres) and of such general subjects as invention and the universal topics. In his preface Parthenio defends poetry not only by adducing the customary arguments but pointing out the multitude of kinds of knowledge which one may derive from suche a poet as Homer… Throughout Parthenio's treatise, the assumption is implicit that the really important thing about poetry is the diction that it uses. Poetic diction, in fact, is different from that of oratory in several aspects…” (Weinberg, op. cit., pp. 145-147).

Bernardino Partenio, che in realtà si chiamava Bernardino Franceschini, nacque a Spilimbergo in Friuli, dove era già attiva dalla metà del Trecento una scuola di grammatica, aperta anche alle famiglie più povere. Imparò i primi rudimenti nel suo paese natale sotto l'allora maestro della scuola, Pietro Leoni, quindi proseguì i suoi studi a Venezia alla scuola privata di Giovanni Battista Egnazio e infine a Bologna sotto Romolo Amaseo. Rientrato in patria, insegnò per alcuni anni presso la scuola locale, quindi nel 1538 fondò l'Accademia Parteniana, che rimase attiva fino al 1543. L'Accademia era in realtà una sorta di collegio, finanziato dal conte Adriano di Spilimbergo, padre della celebre pittrice Irene. Il collegio, che aveva sede nel palazzo degli Spilimbergo, intendeva promuovere l'insegnamento del greco, del latino e dell'ebraico (un vero e proprio collegium trilingue), al fine di permettere la lettura dei testi sacri nella loro lingua originale. Alla cattedra di ebraico fu chiamato Francesco Stancaro (ca. 1501-1574), che già allora propendeva per posizioni teologiche piuttosto eterodosse (cfr. A. Cuna, L'ideale umanistico-rinascimentale del «trilinguis homo» e l'insegnamento dell'ebraico a Spilimbergo, in: “Bernardino Partenio e l'Accademia di Spilimbergo 1538-1543. Gli statuti, il palazzo”, a cura di C. Furlan, Venezia, 2001, pp. 144-153). Questo approccio religioso di grande apertura, che sosteneva anche la predicazione dei laici, incontrò la resistenza delle autorità religiose, proprio negli anni in cui si andava riorganizzando la Santa Inquisizione. La fine dell'Accademia, i cui statuti furono pubblicati nel 1540, fu probabilmente causata dai suddetti problemi religiosi e dalla morte del conte Adriano (1541), nella cui biblioteca furono rinvenute opere di eretici italiani (F. Brucioli, B. Ochino, F. Zorzi) e protestanti stranieri (Lutero, Erasmo, U. von Hutten, A. Osiander, Margherita di Navarra) (cfr. U. Rozzo, La biblioteca di Adriano di Spilimbergo e gli eterodossi in Friuli (1538-1542), in: “Metodi e Ricerche”, n.s., VIII, 1989, I, pp. 29-62).

Dopo la chiusura dell'accademia, il Partenio fu chiamato ad insegnare alla scuola veneziana dell'Egrazio. Nel 1545 l'amico e sodale Paolo Manuzio pubblicò del Partenio la Pro lingua latina oratio. Dopo Venezia, Partenio insegnò per un po' ad Ancona, quindi si trasferì a Vicenza, dove nel 1554 fondò una nuova Accademia Parteniana, la quale si riuniva a Villa Cricoli, già appartenuta a G.G. Trissino, per insegnare il greco ed il latino con un approccio meno marcatemante religioso rispetto all'esperienza precedente. Dopo il 1560 fece ritorno a Venezia, dove insegnò greco alla Marciana e latino presso il Collegio dei Notai. Fra i suoi allievi figura quel Fabio Paolini, che prenderà il suo posto nella cattedra di greco. Nel 1579 pubblicò la raccolta dei suoi Carmina. Morì a Venezia nel 1589 (cfr. U. Rozzo, Per una bibliografia di Bernardino Partenio, in: “Bernardino Partenio e l'Accademia di Spilimbergo 1538-1543. Gli statuti, il palazzo”, a cura di C. Furlan, Venezia, 2001, pp. 31-51).

Edit 16, CNCE26304; Weinberg, op. cit., p. 1138; A. Cuna, Le opere di Bernardino Partenio: contributo per una bibliografia, in: “Op. cit.”, p. 164, nr. 4a.


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