In 8vo (mm. 198x114). Pp. [4], 340, [4]. Segnatura: [π²] A-V8 X¹². Bella antiporta xilografica allegorica (un gruppo di cavalieri che scacciano alcuni frati, mentre su un piedestallo la figura femminile della Verità scaccia le tenebre con la sua luce). Vignetta xilografica al frontespizio, filetto tipografico, testatina e iniziale xilografica a inizio opera. Rilegato in vitello marmorizzato dell'epoca con fregi ornamentali impressi in oro ai piatti e al dorso, titolo in oro al dorso su tassello in marocchino, tagli dorati, controguardia su carta marmorizzata blu, segnalibro in raso verde (rilegatura lievemente consunta, specialmente alle cerniere, lungo i bordi e agl'angoli, piccoli tarli al dorso, controguardia lievemente staccata dal piatto). Bell'esemplare.
Importante trattato giuridico di Contin di critica al dispotismo e ai privilegi della Curia Romana. Opera che prende spunto dalla bolla papale medievale pubblicata da Papa Pio V il giorno del Giovedì Santo del 1568 e intitolata In coena Domini. A seguito della pubblicazione della bolla, che comminava le censure ecclesiastiche più severe a coloro che violavano l'ortodossia e la giurisdizione della Chiesa, gli Stati europei reagirono vivacemente tentando di evitare la ripresa di una teocrazia di stampo medievale. Contin si ispira apertamente al pensiero di Paolo Sarpi e di Giustino Febronio, ed è convinto che solo la diffusione della cultura, la discussione, istruzione e volontà dei governanti di agire secondo l'utile del Paese siano l'unico strumento per togliere le radici della pericolosa riforma papale della In coena Domini.
Celebre opera del chierico teatino e illuminista veneziano Tommaso Antonio Contin. Attento lettore degli illuministi italiani e francesi e uno dei massimi esponenti della corrente giurisdizionalista, costituiva, con Gasparo Gozzi, Gianfrancesco Scotton ed Alberto Fortis, un forte gruppo di potere in ambito intellettuale veneziano. Infatti, F. Venturi scrive: “queste riflessioni erano veramente il punto d'arrivo dei figli della luce veneziani degli anni sessanta” pur “entro i duri limiti d'una riaffermata, voluta ortodossia” ma “con un elemento d'avventura, d'ardimento e di indubbia intelligenza in mezzo all'erudizione e al sorridente moralismo della tradizione”. Per questa opera, e perché convinto antigesuita, fu messo all'Indice dal Papa, ma ebbe salvezza dal governo veneto che gli vietò di recarsi a Roma.
Catalogo unico, IT\ICCU\MODE\018707; Melzi, Opere Anonime, vol. II, p.440, vol. III, p. 413; F. Venturi, Settecento Riformatore, vol. II, p. 125.
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