8vo (mm. 250x160). Pp [4], 54. Titolo sull'occhietto: I caratteri della tipografia galilejana raccomandati ai benevoli di essa a preludio del nuovo anno. Cartonato moderno con titolo al dorso. Brossura editoriale anteriore conservata, recante la dedica autografa del Cellini ad Antonio Salvagnoli Marchetti, segretario dell'Accademia dei Georgofili. Ottima copia.
Prima edizione molto rara, a cui l'anno seguente fece seguito un piccolo supplemento di otto pagine di aggiornamento del catalogo. Alcuni esemplari censiti recano una o due tavole ripiegate fuori testo, che qui tuttavia non sono presenti.
Si tratta di un campionario di caratteri a stampa molto particolare, in quanto i diversi caratteri sono presentati nel corso dell'esposizione del testo, che traccia prima una breve storia delle origini della tipografia, quindi un resoconto dell'attività della Tipografia Galileiana. Ciascuna delle pagine dalla 1 alla 22 presenta quindi due diversi tipi di caratteri con una progressione dai corpi più minuti a quelli più grandi. Da p. 23 a p. 34 vi sono invece i caratteri di grandi dimensioni, le maiuscole e le iniziali, cui seguono due pagine di caratteri greci e segni matematici. Un breve schemino ricapitolativo in calce a p. 36 serve come campione delle linee in assortimento per creare alberi genealogici. Chiude il volume un Cataloghetto dei lavori usciti dalla Tipografia Galileiana dalla sua fondazione fino al 1853.
Mariano Cellini nacque a Firenze nel 1803 da Gaetano e da Luisa Conti, modesti operai di sartoria. Cominciò a lavorare a otto anni presso un negozio di cartoleria, per passare, poco più che decenne, come aiuto alla composizione prima nella tipografia della vedova Luchi e poi in quella di Guglielmo Piatti, dove trovò un'ottima guida nel proto L. Ambarelli, che proveniva dall'officina del Bodoni e si era rifugiato in Toscana dopo la Restaurazione. Nell'ottobre 1817 il Cellini dovette lasciare la tipografia per seguire in Egitto il padre, che era ingaggiato con un gruppo d'una quindicina d'operai per impiantare al Cairo una fabbrica di panni all'uso toscano. Rimpatriato dopo una grave malattia, riprese il lavoro dal Piatti dove rimase fino alla primavera del 1821, quando fu scelto quale compositore per la stampa dell'Antologia da G. Cioni, che era stato incaricato da G. Vieusseux della redazione e dei rapporti con la tipografia, e che era insoddisfatto dell'opera di Luigi e Iacopo Ciardelli nella stampa dei primi tre numeri.
Cellini passò così all'officina gestita da L. Pezzati, dai cui torchi uscirono tutti i successivi fascicoli della rivista fino alla sua soppressione, nel marzo 1833. Ed ebbe così iniziò una lunga e fedele amicizia del Cellini con il Vieusseux, per il quale fu stimolo indiretto ad ampliare l'attività editoriale iniziata con l'Antologia e il Giornale agrario. A lui infatti si rivolse il Cellini qualche anno dopo il matrimonio (1828), per provvedere ai crescenti bisogni della famiglia, con la proposta d'iniziare un'attività di compositore in proprio in aggiunta agl'impegni col Pezzati. L'occasione si presentò nel 1834: Glauco Alasi, in seguito al divieto di continuare nell'esercizio della tipografia, fu costretto a vendere le attrezzature dell'officina livornese ch'era stata di suo padre Tommaso, e lo stesso Cellini fu incaricato di andarne a esaminare la consistenza. Conclusero l'acquisto, col Vieusseux, vari amici del gruppo dell'Antologia, fra cui C. Ridoffi che dal 1842 al 1848 ospitò l'impresa nei locali a piano terra del suo palazzo di Firenze. La direzione fu affidata ancora al Cioni, ormai settantacinquenne, e la tipografia incominciò a funzionare il 2 gennaio 1835 con la denominazione di Tipografia Galileiana, scelta dai soci per richiamare gli intenti dell'Antologia non solamente letterari, bensì estesi alle scienze, all'economia e alle loro applicazioni pratiche.
Il lavoro iniziò nel 1835 con una succinta opera del Cellini, Biografia di G. Galilei, quale, primo “Saggio de' caratteri”. Agli impegni fissi iniziali dei fascicoli trimestrali del Giornale agrario toscano (dal vol. IX) e degli Atti dell'Accademia economico-agraria dei Georgofili (dal vol. XIII) si affiancarono presto i Rendiconti dell'Istituto agrario di Meleto fondato dal Ridolfi (1835-42), il Giornale dell'Associazione agraria della provincia di Grosseto (1835-45), la Guida dell'educatore diretta da R. Lambruschini con le annesse Letture per fanciulli di P. Thouar (1836-45), un calendario artistico, L'Illustratore fiorentino (1836-40) e il Mondo nuovo (1851-61). A partire dal 1841 uscirono poi i poderosi volumi dell'Archivio storico italiano e dal 1857 il Giornale storico degli archivi toscani.
L'attività di stamperia, limitata per i primi cinque anni a soli quattro torchi a mano e in un regime di quasi provvisorietà per le incertezze dei soci, prese un certo slancio solo con gli anni ‘40. In precedenza erano apparse alcune memorie di modesta mole a carattere scientifico, agrario, economico, o edizioni scolastiche, senza oltrepassare le seicentottanta pagine d'una traduzione di Tucidide o le settecentosessanta del Trattato completo di anatomia descrittiva del Boyer. Col 1840 una più solida base finanziaria permise di tentare il campo delle grandi compilazioni storiche in parecchi volumi già dimostrato promettente dall'editoria piemontese e lombarda, come la Storia fiorentina dai tempi etruschi fino all'epoca presente di Giunio Carbone, le Rimembranze storiche ed aneddoti della vita di Napoleone Bonaparte di L. Giovanni (entrambe del 1841) e un Atlante militare di Napoleone e le sue 14 campagne dello stesso Giovanni (1842).
Erano soprattutto idee del Vieusseux, ma non dovettero incontrare il successo sperato, perché nel giro di qualche anno tali iniziative furono abbandonate. Probabilmente, il perfezionismo tecnico e, d'altro canto, la modesta attrezzatura, non consentivano l'uscita di dispense con periodicità regolare, indispensabile per un vasto smercio. Ugualmente sfortunata, e cioè limitata a sedici dispense soltanto, poi affidata ad altri, fu nel 1859 la stampa d'una Storia d'Italia dal 1815 al 1859 di G. Pistelli per conto dell'editore Angelo Usigli.
La tipografia Galileiana continuò quindi a stampare prevalentemente perfetti, splendidi volumi di grande impegno e di limitata diffusione, come i quattro della R. Galleria Pitti illustrata da cinquecento tavole incise su rame da L. Bardi del 1842. Si acuivano intanto i contrasti, tutt'altro che nuovi, col più che ottuagenario Cioni; il Cellini offrì più volte le sue dimissioni dalle funzioni di proto e soltanto nel 1850 ottenne il riconoscimento formale delle mansioni direttive esercitate fin dal 1835, e l'aggiunta in ditta della dicitura “di M. Cellini e C.”. Il suo amor proprio di autodidatta aveva già trovato qualche soddisfazione nella fondazione, nel 1846, d'una Società di mutuo soccorso fra i tipografi, che ebbe sede presso la Galileiana.
Costretto ad ozio forzato da una paralisi al lato destro a partire dal 1870, il Cellini si dedicò dal 1871 al 1873, a Signa, alla stesura di alcune pagine autobiografiche (Vita di un povero ragazzo, uscita col titolo Alcuni ricordi della sua vita pubblicati dai figliuoli, a cura di A. Gelli, Firenze 1878, e ristampata da C. Cappuccio in “Memorialisti dell'Ottocento”, III, Milano, 1972, pp. 677-729). Il Cellini morì a Firenze nel 1877.
Oltre alle lettere di quest'ultimo al Vieusseux e al Tommaseo, fonte fondamentale per ricostruire la storia della Tipografia Galileiana sono il presente saggio e la successiva Nota dei lavori della Tipografia Galileiana e per incidenza cenni sull'origine della stampa e storia di detta tipografia (Firenze, 1862) (cfr. E. Bottasso, Cellini, Mariano, in: “Dizionario Biografico degli Italiani”, vol. 23, Roma, 1979, s.v.).
Catalogo unico, IT\ICCU\TO0\0742433.
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