Lettera autografa firmata ed indirizzata a Padre Alfonso Giannotti di Correggio riguardante questioni fisiche inerenti alla dinamica dei fluidi e dei gas. [Reggio Emilia], 25 dicembre 1765.

Autore: SPALLANZANI, Lazzaro (1729-1799)

Tipografo:

Dati tipografici:


Bifolio (mm. 254x193) fittamente vergato su tutte e quattro le facciate. Con un piccolo diagramma scientifico alla c. 1v. Firmato in fine. Strappetto al margine inferiore della prima carta, lievi bruniture, ma ottimamente conservato.

Lunga e dettagliata lettera di argomento fisico redatta dal celebre biologo e naturalista Lazzaro Spallanzani negli anni in cui deteneva la cattedra di matematica presso il Collegio San Carlo di Modena. Il documento affronta due questioni riguardanti rispettivamente la dinamica dei corpi fluidi e quella dei corpi gassosi con riferimenti alle teorie scientifiche di Jean Antoine Nollet (1700-1770), di cui si cita un passo dall'opera Leçons de physique experimentale, e di Herman Boerhaave (1668-1738). Il primo quesito indaga il comportamento di un corpo che, dopo essere stato immerso in acqua, riemerge mantenendo parte del proprio moto anche nell'aria. Il testo è corredato da un diagramma esplicativo e si richiama ad un passo dell'opera dello steso Spallanzani, De lapidibus ab aqua resistentibus disseratio, pubblicata a Modena proprio nel 1765. Il secondo quesito riguarda invece la fluidodinamica dei gas: l'autore si chiede se, praticando un foro nel tappo di una giara ermeticamente chiusa, l'aria vi entri od esca. Nella parte conclusiva della lettera, l'autore invita il destinatario della missiva, il cui nome non viene menzionato, ma risulta essere Padre Alfonso Giannotti di Correggio, a trasferirsi a Modena al servizio del duca, in quanto a Modena potrebbe discutere di filosofia in un clima intellettuale più libero, senza timore della censura, e potrebbe avere accesso a più libri. Giannotti era infatti un amatore di materie scientifiche e la lettera dello Spallanzani pare essere stata scritta in risposta ad alcuni dubbi sollevati dal suo interlocutore circa l'opera del Nollet sopra citata.

La lettera qui offerta è già conosciuta e fu stampata per la prima volta da C. Pongileoni nella raccolta Lettere inedite degli immortali italiani Alessandro Volta e Lazzaro Spallanzani (Reggio Emilia, 1854). Nell'edizione nazionale delle opere dello Spallanzani, che raccoglie anche l'epistolario, compare nel volume primo, tra le lettere giovanili (cf. L. Spallanzani, Epistolario, a cura di B. Biagi, Firenze, 1958, I, pp. 74-76, nr. 56). L'epistolario contiene anche altre due lettere indirizzate a Padre Giannotti, una del 1763 (nr. 26 ) ed una del 7 dicembre 1765 (nr. 55), scritta quindi poche settimane prima della presente e vertente all'incirca sugli stesse quesitoni scientifiche.

“L'epistolario dello Spallanzani comprende circa 1600 lettere, per la maggior parte inedite. Il primo volume, che abbraccia il periodo 1750-1773, ne riporta 264 […] Moltissimi originali sono andati smarriti, e dove questi mancano sono state pubblicate le minute conservate nella Biblioteca Municipale di Reggio Emilia. È da tener presente però che lo Spallanzani cominciò a conservare le minute delle lettere, e non di tutte, dal 1768; per questo motivo poche sono le lettere giovanili che ci sono pervenute” (L. Spallanzani, Op. cit., I, p. XVIII).

 

[c. 1r]

S.r Pregiabilissimo

Il giorno di Natale del 1765

Brevissimamente e per l'ultima volta fo risposta alla gentilissima vostra istanza, non tanto perché il tempo mi manca, quanto perché non abbencandoci insieme è difficile che c'intendiamo abbastanza. Se il Nollet contradice a se stesso e se i suoi paragrafi abbisognano di particolare interpretazione, non so che farci. Fatto sta che verso il mezzo di quel paragrafo che comincia “jusqu'ici” sembra molto propenso a spiegare cotali rimbalzi se non per via dell'elasticità dell'acqua almeno di quella che ha il corpo che resta in questo fluido. Dice egli così: “mais comme ce qui se passe ici, à la rencontre d'une surface fluide, dans le cas d'une incidence fort oblique, arrive toujours quand un mobile tombe sur un plan solide a telle inclinaison que ce soit; nous viendrons à en examiner la cause en parlant du mouvement réfléchi dans la section suivante” [Leçons de physique experimentale, Paris, 1749, I, p. 285]. Questo sentimento convertasi in quest'altro che è pur lo stesso. La cagione producitrice del risalto ne' corsi dall'acqua è la stessa che quella che fa saltare un corpo urtante con un piano solido; ma, soggiungo io, l'ultima è l'elasticità, dunque, sua, direte voi, come ciò, se il Nollet nella seconda der. del movimento riflesso niente egli considera questi salti dall'acqua. Questo vuol dire che oltre gli altri suoi difetti che non mi sembrano pochi, ha anche questo della dimenticanza, essendosi colà scordato della parola da lui data in questa antecedente sezione.

[c. 1v]

Voi mi ricercate in secondo luogo la cagione per cui il corpo arrivato in C in vece di mettersi in quiete, sdrucciolare orizzontalmente sulla superficie dell'acqua, debba seguire a muoversi, e muoversi con quella tale direzione obliqua. Ed io dimando a voi se ABC fosse una curva composta di due piani inclinati solidi, AB, BC, è che fosse spinto con forza il corpo A all'ingiù verso B, qual è la cagione per cui arrivato in C descriverebbe la CYX se fosse spogliato di gravità, oppure (giacché non possiamo prescindere dalla gravità), la CO, come praticamente si osserva. Voi risponderete senza fallo che è quell'avanzo di moto che trovasi avere quando giunge in C, mercé il quale per la direzione BC che aveva all'ingiù debba descrivere la CYX se si concepisce privo di gravità e la CO considerando, come è, fornito di gravità. Questo certamente mi pare chiarissimo. Ma, Amico caro, noi siamo nel caso quando parliamo del sasso che esce dall'acqua. Leggete verso la fine della pagina 24 della mia dissertazione latina quelle parole che cominciano: “quodque rei qua de agitur affinius est” a seguire sino alla fine di quelle altre “non minus remittitur in foveae ascensu quam in descensu” [De lapidibus ab aqua resistentibus disseratio, Modena, 1765, pp. 24-25] e vedrete come io spieghi tutta la faccenda. A parlarvi ingenuamente, non trovo su ciò nessunissima difficoltà.

L'ultimo vostro dubbio avrebbe qualche forza, se regesse la supposizione alla quale è esso appoggiato. Voi tacitamente supponete che fatta una leggera fenditura nel vaso ermeticamete chiuso, s'insinui zelamente

[c. 2r]

al didentro una di quelle centesime parti di aria, in che avete divisa una colonna di aria. Ma io vi dico che aperta questa comunicazione dell'aria interna coll'esterna, non si insinua zelantemente quella miserabile porzionella che voi supponete, ma una dose assai maggiore e fors'anche l'aere interno si rinovella del tutto. Voi sapete che l'aria comunicando coll'altr'aria è sempre in continuo ondeggiamento come mostra il Boeravio nella sua chimica. Fate dunque che si dia quell'adito reciproco per l'apertura fatta nel vaso. Voi vedete che l'aria esterna o prevarrà alla pressione dell'interna, o avrà minore pressione: e ciò dee nascere per le cagioni produttrici di questo continuo ondeggiamento, cioè a dire pel caldo, pel freddo, per l'umidità, siccità. Se prevarrà quella di fuori parzialmente entrerà nella boccia, e se cederà, quella di dentro uscirà in parte fuori. E siccome ad ogni momento per così dire accadono queste vicende, come potrei mostrarvi colla guida dell'esperienza, se avessi tempo, non vi è niente di più ovvio e naturale quanto il pensare che in capo a più giorni la boccia abbia presto un nuovo corpo di aria.

Ma forse nemmeno questa volta avrò rilevata la forza delle vostre ingegnosissime obbiezioni, e se l'avrò afferrata, non vi avrò risposto adeguatamente. Come desiderate e come avete gius di pretendere. Ma se volete che io mi ingegni di rispondervi meglio venite a trovarmi a Modena, che non vi è cosa che più ardentemente desideri. Veramente nel Collegio e nella Università non avrei al presente apertura vacante. Ma perché non po-

[c. 2v]

treste, il ripeto, occupare il luogo di qualcuno di questi vostri confratelli? Sento dire, e lo veggio in pratica, che loro resta molto tempo da andare a spasso, e l'impiego che hanno mi sembra decorosissimo. Ultimamente mi è stato supposto che sia qui venuto un certo Padre [Contardo] Barbieri, religioso assai stimato, per esser stato Lettore e Teologo, a quel che dicomi, del Vescovo di Cortona. Voi dunque mi pare che avreste le vostre convenienze a fare questo cambio, il quale farsi vi riuscirebbe facilmente per essere dello Stato solamente che faceste qualche impegno col Duca, ed io in tal caso ove potessi mai adoperarmi a vostro favore lo farei come cosa mia propria. Non avete voi in Coreggio l'impiccio della morale? In Modena il vostro impiego sarebbe forse di minor cruccio con questo di più che potrebbe almeno comunicare a qualcuno i vostri filosofici concetti, non vi mancherebbero i libri, e son sicuro che vi trovereste le mille volte più contento. Pensateci e se trovate a proposito mi farete piacere a darmi qualche risposta. Sono al solito con pienezza di stima e di attaccamento.

P.s. dopo aver scritta in tutta fretta questa mia cantafera, aprendo per accidente il libro del lodato Boeravio che tratta dell'aria, ricavo che non in pochi giorni come testè diceva si dee riempire la boccia di nuovo fluido aereo, ma per l'aperto commercio deve essere un continuo flusso e riflusso di aria che entra e che esce; sicché vedete, che sempre più resta dileguata la vostra per altro dotta difficoltà. Questo è un libro trivialissimo e voglio credere che l'abbiate. Leggetelo e troverete le sue prove. U.mo Obb.mo Servo, e […] Lazzaro Spallanzani

 

Lazzaro Spallanzani, originario di Scandiano, si formò presso il seminario dei Gesuiti di Reggio Emilia; quindi, nel 1749 si trasferì a Bologna per studiare giurisprudenza. Presso l'Università di Bologna, sotto l'influenza di Laura Bassi Veratti, sua cugina da parte paterna, che vi insegnava fisica e matematica, cominciò tuttavia ad interessarsi alle scienze naturali. Nel 1754 divenne dottore in filosofia e prese gli ordini minori. Dopo i primi anni di insegnamento al Collegio di Reggio Emilia, dal 1763 al 1765 fu docente di filosofia a Modena. In quel periodo ebbe modo di conoscere l'opera di Buffon e dello scienziato inglese J.T. Needham e strinse amicizia con il ginevrino Charles Bonnet. Nel 1769 fu nominato professore di storia naturale presso l'Università di Pavia. Nel 1776 pubblicò gli importanti Opuscoli di fisica animale e vegetabile; nel 1780 le Dissertazioni di fisica animale, e vegetabile. Egli mantenne la cattedra pavese fino alla morte, compiendo saltuariamente lunghi viaggi alla ricerca di nuovi reperti per il museo di Pavia e di materiale per le sue ricerche. Spallanzani fu uno dei più grandi sperimentatori del suo tempo. Si occupò prevalentemente di biologia e di indagini microscopiche sul mondo animale e vegetale, ma dimostrò grandi capacità anche in altri campi, quali la chimica, la fisica, la meteorologia, la mineralogia e la vulcanologia, come dimostrano i sei volumi di Viaggi alle due Sicilie e in alcune parti dell'Appennino (Pavia, 1792-'97). Le sue opere esercitarono una profonda influenza e furono tradotte in tutte le principali lingue europee (cf. E. Capanna, Lazzaro Spallanzani: At the Roots of Modern Biology, in: “Journal of Experimental Zoology”, 285, 3, 15 October 1999, pp. 178-196; and P. Mazzarello, Spallanzani, Lazzaro, in: “Dizionario Biografico degli Italiani”, vol. 93, Rome, 2018, s.v.).


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