Il canapajo di Girolamo Baruffaldi libri 8. Con le annotazioni.

Autore: BARUFFALDI, Girolamo (1675-1755)

Tipografo: nella stamperìa di Lelio dalla Volpe

Dati tipografici: Bologna, 1741


In 4to (mm 223x158); pp. 227, [1]. Segnatura: A-Dd⁴ Ee⁶. L'opera è generalmente legata con Coltivazione delle canape. Instruzioni di tre pratici centesi Fabrizio Berti, Innocenzio Bregoli, et Antonio Pallara. Raccolte dal cavaliere Gio. Antonio Berti centese, qui non presente. Vignetta calcografica al frontespizio, testatine xilografiche. Lievi fioriture diffuse, piccoli aloni al margine di alcune carte. Dono dell'autore a Girolamo Cicognani datato 1742. Cartonato coevo un po' sciolto con lievi aloni e piccole macchioline ai piatti. Esemplare in barbe.

Girolamo Baruffaldi (Ferrara, 1675 – Cento, 1755) fu presbitero, poeta e letterato italiano. Nato da una nobile famiglia ferrarese, dopo aver abbracciato la vita consacrata coltivò gli studi di archeologia e di storia, dedicandosi prevalentemente alla poesia.  Scrisse una Storia di Ferrara, il Commentario storico – erudito, e le Vite dei pittori e scultori ferraresi.  Conobbe Ludovico Antonio Muratori durante una contesa tra gli Estensi ed il papato per il possesso delle terre di Comacchio. Il Baruffaldi, difensore degli interessi del papato, fu accusato di aver fornito al Muratori un importante documento, comprovante l'attendibilità delle tesi sostenute dai suoi avversari. Gli fu pertanto sequestrato l'archivio e gli fu comminato l'esilio, che trascorse in Veneto, a Fiesso e a Castelguglielmo. Ne Il canapajo, poema in otto libri, l'A. presentò con grande attenzione gli aspetti agronomici della coltivazione della canapa, che rivestiva una grande importanza per l'agricoltura della zona di Cento e che ampiamente utilizzata dalla flotta veneziana. Nelle Rime scelte dei poeti ferraresi (1713) l'A. accanto a materiale autentico e noto, presentò numerosi testi, da lui attribuiti a ferraresi più o meno illustri, ma tutti usciti dalla sua penna. I presunti rimatori ferraresi dei primi secoli trovarono estimatori di rango come Foscolo e Carducci, ed ingannarono lo stesso Leopardi.


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