Il peregrino di M. Giacopo Caviceo da Parma. Nuovamente con somma diligenza revisto, & ristampato. M.D.XXX.VIII.

Autore: CAVICEO, Jacopo (1443-1511)-ANSELMI, Giorgio (ca. 1450-1528)

Tipografo: Pietro Nicolini da Sabbio

Dati tipografici: Venezia, 26 settembre 1538


In 8vo (mm. 155x98). Cc. [8], 271, [1 bianca]. Segnatura: *8 A-LL8. Titolo in cornice xilografica e 4 illustrazioni incise in legno nel testo, una a tre quarti di pagina alla c. A1r e tre vignette più piccole all'inizio di ciascuno dei tre libri di cui si compone l'opera. In fine, a c. KK5v, si trova la Vita de Giacopo Cauiceo, per Georgio Anselmo. Carattere romano e corsivo. Pergamena semirigida posteriore con nervi passanti e titolo al taglio superiore (restauri e mancanze, leggermente macchiata). Titolo brunito e con una piccola mancanza al recto e al verso, piccole mancanze anche alla carta A1 con perdita di tre lettere, leggere fioriture sparse.

Diciassettesima edizione (prima edizione: Parma, 1508) del fortunatissimo romanzo del Caviceo, qui ristampato insieme alla sua biografia scritta dal concittadino Giorgio Anselmi, che rimane a tutt'oggi una delle fonti principali sulla vita del Caviceo.

“Ma la fatica più importante del Caviceo è senz'altro il suo romanzo, il Peregrino, in volgare, edito a Parma nel 1508. L'opera si differenzia in maniera netta dal resto della sua produzione letteraria, che è di ispirazione umanistica e scritta in latino, e nasce da sorgenti culturali diverse. Il Peregrino è posto sotto la paternità del Boccaccio che, apparendo in sogno all'autore, canta le lodi di Lucrezia Borgia, dedicataria dell'opera. Il romanzo, volutamente retrodatato dall'autore, è ambientato nella Ferrara di Ercole I. La vicenda è tutta imperniata sulle lunghe peregrinazioni del protagonista prima dell'appagamento del suo sogno d'amore. Innamoratosi fin dal primo incontro di Ginevra, Peregrino desidera ardentemente rivederla, quando riceve da lei uno strano messaggio, grazie alla compiacenza della serva Astanna. Mentre egli cerca affannosamente Ginevra, cade nelle mani di alcuni sbirri che seguono le tracce di un omicida. Scambiato per il colpevole, è sottoposto ad un lungo processo, dal quale esce innocente, grazie alla strenua difesa del grande giurista Antonio dai Liuti. Dopodiché Peregrino tenta di farsi ricevere dall'amata, nascosto dentro a una statua di legno di S. Caterina. Colpevole di sacrilegio, è sollecitato dalla donna a recarsi in Levante per espiare il suo peccato. Ha inizio così il periglioso viaggio del protagonista, accompagnato dal fido amico Acate. Infinite sono le loro avventure prima di raggiungere di nuovo Ferrara. Qui Peregrino apprende con immenso dolore che Ginevra è stata rinchiusa in un monastero; riparte allora per l'Oriente per consultare un oracolo che gli sappia indicare dove è la donna amata. Giunto da un eremita, che lo fa cadere in un sonno pro fondo, visita gli Inferi, e qui trova accomunati i più bei nomi dell'aristocrazia italiana, e anche Astanna che gli rivela dove si trova Ginevra. Tra i vivi egli continua il suo viaggio attraverso l'India, Rodi, Creta e di nuovo sbarca in Italia, a Rimini; lo accoglie amorevolmente Elisabetta Gonzaga. A Ravenna, finalmente, ha la conferma che Ginevra è in un monastero di quella città. Con la complicità della badessa vengono celebrate le nozze dei due amanti. Ma la felicità è di breve durata. Ginevra nove mesi dopo muore di parto e Peregrino, non reggendo al dolore, di lì a poco la segue nella tomba. Il filo narrativo, modellato su temi boccacceschi derivanti soprattutto dall'Amorosa visione e dal Filocolo, è abbastanza esile e continuamente interrotto dai monologhi o dai dialoghi di. tipo amoroso, a sfondo filosofico e di carattere erudito, da dibattiti giudiziari e da lunghi excursus consolatori. Ma, al di là dell'ispirazione boccaccesca, il Caviceo affronta con il Peregrino un genere del tutto nuovo, quello della prosa di fantasia, che aveva quale immediato precedente Sabadino degli Arienti; diversamente da lui il Caviceo tenta tuttavia di unificare la materia frammentaria delle novelle in un racconto unico, riprendendo in questo il tentativo di Francesco Colonna. Del resto il Peregrino ci riporta all'opera del frate veneziano anche per la lingua, in particolare per l'equivoco sintattico e lessicale che ristabilisce fra latino pedantesco e volgare (ma il Caviceo è infinitamente più moderato del Colonna). La novità maggiore del Caviceo consiste nell'aver introdotto numerosi elementi contemporanei in una cornice di racconto fantastico, e nell'aver sapientemente accomunato tradizioni letterarie eterogenee, dalla novella al dialogo umanistico, dal dialogo giuridico alle epistole, cercando in tal modo una pacifica coesistenza fra l'eredità umanistica e quella volgare” (L. Simona, Caviceo (Cavizzi), Iacopo, in: “Dizionario Biografico degli Italiani”, 23, 1979, s.v.).

Edit 16, CNCE10609.


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