Vita di Monsignore Bernardino Baldi da Urbino primo Abate di Guastalla scritta dal P. Ireneo Affò [...]

Autore: AFFÒ, Ireneo (1741-1797)

Tipografo: Filippo Carmignani

Dati tipografici: Parma, 1783


In 4to (mm. 192x138). Pp. XVI, 232 e il ritratto fuori testo di Bernardino Baldi inciso da Sebastiano Zamboni su disegno di Gaetano Bombardi. Fregio tipografico al frontespizio. Mezza pelle recente, dorso a cinque nervi con ricchi fregi e titolo in oro. Leggere fioriture sparse, ma ottima copia.

Prima edizione, dedicata alla principessa Marianna Cybo Albani, della prima bio-bibliografia dedicata alla figura poliedrica di Bernardino Baldi, uomo di grande erudizione e dall'ingegno “universale”, che eccelse sia nelle scienze letterarie che in quelle fisico-matematiche. Affò elenca e descrive 90 opere del Baldi. In fine si trova anche un elenco delle opere dell'Affò pubblicate fino a quel momento.

Il Baldi nacque in Urbino il 5 giugno 1553. Nel 1573 si iscrisse alla facoltà di medicina dell'Ateneo di Padova e successivamente alla facoltà di logica e filosofia, senza tuttavia conseguire alcun titolo accademico. Compose in quegli stessi anni il suo primo poemetto didascalico, L'Artiglieria, e i numerosi versi lirici, ispirati dall'amore di una Laura da Rio, più tardi riuniti nel volumetto Il Lauro (Pavia, 1600). Ritornato ad Urbino, riprese gli studi di matematica con il Commandino, e dopo la morte di costui con il matematico Guidubaldo del Monte. Portava a termine frattanto la traduzione dei Fenomeni di Arato, già intrapresa negli anni padovani, e scriveva un secondo poemetto didascalico L'invenzione del bossolo da navigare (1578). La fama di vasta e varia cultura che egli ancor giovane aveva saputo guadagnare, gli valse nel 1580 l'invito alla corte di Mantova da parte di don Ferrante Gonzaga signore di Guastalla, desideroso di istruirsi sotto la sua guida nelle scienze matematiche. Nel 1585 fu nominato abate di Guastalla e venne ordinato sacerdote. Gli obblighi del nuovo stato e le innumerevoli molestie procurategli dal suo ufficio non lo distolsero tuttavia dagli studi eruditi: tradusse allora il poemetto Ero e Leandro di Museo, studiò il caldaico e l'ebraico, si fece cultore delle arti del disegno e della pittura. Nel 1586, per affari inerenti alla sua carica, si recò per la prima volta a Roma, dove si trattenne per alcuni mesi e rimase soggiogato dal fascino dei monumenti antichi. Scrisse in questo periodo, che è dei più felici e fecondi della sua vita, la migliore raccolta dei suoi versi lirici, i Sonetti romani (in Versi e prose, Venezia, 1590). Tornato a Mantova nel 1587, vi restò, angustiato da continue contese con le autorità laiche di Guastalla, per altri dieci anni, concedendosi sempre più lunghi periodi di riposo nella natia Urbino. Nel 1597 fu di nuovo a Roma, al seguito del cardinale Cinzio Aldobrandini; nel 1601 il duca di Urbino Francesco Maria II della Rovere gli conferì l'incarico di scrivere la vita di Federico di Montefeltro; nel 1609, dopo aver rinunciato definitivamente all'abbazia guastallese, passò al servizio del duca della Rovere e ad Urbino trascorse gli ultimi anni fino alla morte avvenuta nel 1617. Delle sue numerose opere in versi e in prosa, che egli in gran parte lasciò inedite e furono riscoperte dall'Affò e da altri studiosi ottocenteschi, ricordiamo il poemetto didascalico La Nautica (in Versi e prose, Venezia, 1590), alcune egloghe, varie opere storiche come la Vita e fatti di Federico di Montefeltro, duca d'Urbino (1824), la raccolta poetica I concetti morali dedicata al poeta tragico Pomponio Torelli (Parma, 1607), il poemetto Deifobe, due idilli e i sette Dialoghi, due dei quali sono andati perduti (cfr. R. Amaturo, Baldi, Bernardino, in: “Dizionario Biografico degli Italiani”, V, 1963, s.v.; vedi inoltre G. Ferraro, Bernardino Baldi e il recupero del pensiero tecnico-scientifico dell'Antichità, Alessandria, 2008).

Ireneo Affò nacque a Busseto il 10 dicembre 1741. Entrato fra i minori osservanti insegnò filosofia e teologia nelle scuole dell'ordine, finché nel 1768 fu nominato professore a Guastalla dall'infante don Ferdinando. A Guastalla visse per dieci anni, facendo fruttuose ricerche nel locale archivio e compiendo studi di letteratura italiana. Scoprì infatti due nuovi codici recanti una lezione dell'Orfeo del Poliziano diversa dalla ‘vulgata' ed apprestò un'edizione dell'Orfeo tragedia di messer Angelo Poliziano (Venezia, 1776). Inoltre nella Dissertazione sopra i Cantici volgari di S. Francesco d'Assisi (Guastalla, 1777) si propose, valendosi di un codice da lui scoperto, di dare una lezione esatta del Cantico delle Creature e di togliere a S. Francesco tutti gli altri cantici a lui erroneamente attribuiti. Compilò quindi per i giovani un Dizionario precettivo critico ed istorico della poesia volgare (Parma, 1777).

Nel 1778, su proposta di P.M. Paciaudi, Affò fu nominato vicebibliotecario a Parma. Nel 1785 successe come bibliotecario allo stesso Paciaudi morto in quell'anno. A questo ufficio si aggiunsero poi quelli di storiografo ducale e di professore onorario di storia nella locale università. Dal settembre del 1781 al maggio del 1782 compì ricerche in archivi e biblioteche a Roma e in altre città d'Italia. Tra il 1785 e il 1787 pubblicò a Guastalla, in quattro volumi, la Storia della città e ducato di Guastalla.

Da questo momento in poi si dedicò esclusivamente alla storia parmense. I cinque volumi delle Memorie degli scrittori e letterati parmigiani videro la luce a Parma tra il 1789 e il 1797. Altra opera di vastissimo disegno, ma interrotta dalla morte dell'autore, è la Storia della città di Parma (Parma, 1792-95, 4 volumi), che non va oltre il 1346 e fu anch'essa, come le Memorie, continuata da Angelo Pezzana, il quale diede inizio al volume quinto che giunge al 1374, lasciato inedito dall'Affò. L'opera è così ricca di notizie e di documenti che fece guadagnare al suo autore il titolo di ‘padre della storiografia parmense'.

Notevolissima, considerando anche le sue numerosi occupazioni di ufficio e di ministero, fu la produzione dell'Affò: non meno di centotrentatrè opere, tra edite ed inedite, e molte per di più voluminose. Oltre alle giovanili rime sacre e profane, serie e giocose, Affò fu autore di numerose biografie, tutte lodevoli per accuratezza e spessore documentario: Vita di Luigi Gonzaga detto Rodomonte (Parma, 1780); Vita di Vespasiano Gonzaga con in appendice gli Annali ebreo-tipografici di Sabbioneta (Parma, 1780); Vita di Mons. Bernardino Baldi da Urbino, primo abate di Guastalla (Parma, 1783, prima bio-bibliografia sul Baldi); Vita della B. Orsolina da Parma (Parma, 1786); Memorie di tre celebri principesse della famiglia Gonzaga (Parma, 1787); Vita di Pier Luigi Farnese primo duca di Parma e Piacenza (Milano, 1821).

Tra le sue numerose opere di interesse storico-artistico, anch'esse ricchissime di informazioni d'archvio ma anche di acume critico, ricordiamo la Vita del graziosissimo pittore Francesco Mazzola detto il Parmigianino (Venezia, 1783 e Parma, 1784); il Ragionamento sopra una stanza dipinta dal celeberrimo Antonio Allegri (Parma, 1794); Il parmigiano servitore di piazza (Parma, 1796), guida tascabile della città di Parma; il Primo abbozzo di un discorso intorno alle arti parmigiane uscito postumo in appendice (pp. 17-47) al primo volume della Storia di Parma di A. Pezzana (Parma, 1837), che rappresenta una sorta di sintesi di altri scritti dell'Affò rimasti inediti, tra i quali quello su Chiese e monasteri della città di Parma (1780) e quello sugli Artefici di belle arti a Parma, ora conservati presso la Biblioteca Palatina. In tutte queste opere Affò dimostrò abilità come ricercatore e indagatore di archivi, ma anche una chiara visione della storia artistica di Parma da lui riscoperta, come dice R. Longhi, “non per boria campanilistica, ma per forza illuminata e asseverativa di autentici capolavori” (Letteratura artistica e letteratura nazionale, in: “Paragone”, V, 1954, p. 13). La fonte di questa sua passione per l'arte ci viene indicata dallo stesso Affò, che in numerose lettere ricorda la sua aspirazione giovanile per la pittura.

L'immenso carteggio dell'Affò, che fu in contatto con tutti i maggiori letterati ed eruditi d'Italia, si conserva presso la Biblioteca Palatina di Parma. Morì a Parma il 14 maggio 1797 di febbre petecchiale, da lui contratta nel prestare i conforti della religione ad un'inferma (cfr. A. Ghidiglia Quintavalle, Affò, Ireneo, in: “Dizionario Biografico degli Italiani”, vol. 1, 1960, s.v.; vedi inoltre F. Bellini, Cenni intorno alla vita e alle opere dell'Affò, Milano, 1941; e L. Modona, Bibliografia del padre Ireneo Affò, Parma, 1898, estratto dall' “Archivio Storico per le Provincie Parmensi”, VI, 1897).

Catalogo unico, IT\ICCU\TO0E\006699.


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